venerdì 6 ottobre 2017

Ricordando Ernesto Calindri

Secondo appuntamento con "Ricordando ...", la serie di post dedicati ai grandi del teatro italiano. 

Ecco tre domande rivolte ad Ernesto Calindri, attore definito come "il gentiluomo del teatro, armato di serenità, misura, compostezza e gentilezza". 
Famosissimo in televisione, per anni è stato un riferimento e una sicurezza per il mondo del palcoscenico. Come altri mostri sacri, è morto "in teatro" dato che nonostante i suoi novant'anni calcava ancora le scene ammaliando tutti con la sua bravura.



Con chi in genere ha amato e ama recitare?
Amo recitare con chi recitare sa e, possibilmente in un testo piacevole, gradevole, pieno di humour, divertimento e sorrisi. Così si conquista il pubblico! Verificarne l'affetto sera dopo sera è una cosa straordinaria. Consola e regala la serenità indispensabile per andare avanti.
Fino a quando funziona, come pensare di rinunciarvi?

Dicono che gli applausi mantengono giovani ... è vero?
Di applausi ne ho presi tanti. Ma non ci si stanca mai, mi creda!
Ma ci si mantiene giovani perché il mestiere dell'attore è il più bello al mondo, un mestiere magico. Lo compresi sin dal debutto durante una sera di recita al Lirico di Milano. Avevo una sola battuta che, quella sera, pronunciai con tono diverso, con una leggera ironia: millecinquecento persone scoppiarono a ridere! Compresi che il teatro è uno strumento magico, capace di emozionare e di comunicare emozioni.

In tanti anni di teatro qual è l'unico credo che ha seguito?
Ho sempre preferito fare un teatro di intelligente divertimento e di un certo stile.
Ho cominciato a fare teatro con una battuta comica e da allora ho sempre desiderato vedere sui volti del pubblico in sala un sorriso, un modo quasi di riconoscenza per quel poco di piacere che posso avergli procurato.


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